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Scaphé

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Scaphé, 2008 Installazione di 12 “ciotole”, sparse sul suolo e illuminate da una lampada a cera centrale. Tecnica mista: china su carta da restauro, cera fusa e legno. 12 elementi di 37x20 cm. circa

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Dettaglio della “ciotola”, scaphé, con l’ombra della sua meridiana, proiettata dalla lampada a cera, che illumina al centro l’installazione

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Particolare ravvicinato della figura antropomorfa della meridiana in cera fusa e della struttura a spicchi della ciotola


Ripensare lo spazio attraverso un’effimera ed incerta linea d’ombra: sorta di frontiera come condizione di reciprocità e approsimazione esistenziale in rapporto alla luce, che ci illumina nell’oscurità.
Ombre, misura del cosmo nello spazio e nel tempo, che scandiscono i cicli astronomici, ed è il ciclo stesso che le fa palpitare...

Scaphé : i 12 elementi si rifanno al modello della ciotola, "scaphé" appunto, primo orologio solare, immagine rovesciata del cielo.
Qui ognuna delle 12 ciotole è composta da spicchi che, nella loro giuntura, vengono a formare 12 linee, corrispondenti allo scandire del tempo.
Lo “stilo” centrale, la meridiana, è in cera fusa modellata ad abbozzo di figura umana, ridotta all’essenziale, antropomorfa o embrionale.
Il ritmare ordinato e matematico delle linee e degli elementi contrasta con l’aspetto informale della figura e con la forma stessa delle “ciotole”, che appaiono più come uno sbocciare di fiori, al cui interno la meridiana diviene pistillo. Anche il colare della china sul bordo del “fiore” rende l’immagine più indeterminata ed accidentale, in contrasto con l’idea di un ordine temporale e spaziale.
La leggerezza e la trasparenza del materiale, le cui uniche tracce appaiono come evanescenti ombre, evocano l’idea dell’impermanenza dei mandala, simbolo della caducità della vita e, quindi, tema della vanità, come le stesse figure in cera sembrano suggerire. Queste “ciotole” o “fiori”, più che essere un’immagine rovesciata del cielo, sembrano aprirsi al cielo per lasciarsi trasportare dal primo soffio di vento.
Sparse sul suolo come una costellazione, in ordine enigmatico, immerse nella penombra, solo una lampada a cera al centro le rivela, proiettando ombre indecise, dei loro pistilli, figure umane, che determinano, infine, un tempo ed uno spazio nella loro reciprocità e distanza.

Se l’uomo misura il tempo per prevedere e ordinare il cosmo secondo le proprie leggi, qui ne è misura o meglio, ne è ombra, e, in quanto tale, è sottomesso ad una visione parziale ed imprevedibile, che testimonia tutta la sua fragilità di fronte ad un esistere che è al di là o al di sopra del suo sguardo, o della sua ragione.